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18 apr 2007

Elena Svarz

La bestia-fiore

Il presentimento della vita permane fino alla morte.
Il freddo fuoco lungo le ossa brucerà,
quando la chiara pioggerellina cesserà
nel giorno di San Pietro sul finire dell’estate.
Ecco, eco spunteranno i fiori, rosseggianti,
sulle costole, intorno alla clavicola, sulla testa
scriveranno sullo stelo: Elena arborea,
cresce nell’Iperboreo di ghiaccio,
nei giardini di mattoni, nell’erba pietrosa,
dagli occhi s’inerpicano scuri garofani.
Sono, allo stesso tempo, cespuglio di rose
e non-ti-scordar-di-­me,
come se un giardiniere inesperto mi avesse innestato
la terribile lebbra dei fiori.
Sarò viola e rossa,
granata, gialla, nera e d’oro,
sarò in una nuvola ronzante e pericolosa –
agognato abbeveratoio di calabroni e vespe.
Quando sfiorirò, o Dio, Dio,
che batuffolo lacerato resterà –
gelida e con la pelle afflosciata,
una bestia-fiore sfiorita e mezza morta.


***


Il balletto del cielo

Ieri vi è stato un temporale,
e: “oh,oh!”- dicevo ogni volta
che un fulmine con un salto alla Nizinskij
dentro una nuvola volava e fuggiva via,
cadendo nell’abisso - poi il tuono,

E le nubi spruzzavano polvere adamantina.
Ed insieme il balenio e il calpestio importuno.
Oh Desirè! Balletto celestiale!
Spingono, insomma, è l’ora di salire su questo angusto palcoscenico,
sospeso tra l’abisso e il subisso,
piegare il gomito, raddrizzare il cuore,
restare sospesi, farsi raggianti e sprofondare nel baratro,
rilucendo nell’immensità degli occhi dietro le finestre.


***


Il David danzante

David che danzi, ed io con te!
Mi involo come un colombo. Mentre i rami, le notizie
balzano da soli nel becco.
Non una pietra - uccellino infuriato,
ma egli è il Creatore, il Dio della superbia.
Torcetevi, braccia! Testa,
vola dal palmo sinistro al destro.
Sono evaporate, fino a divenir sale, tutte le parole,
in Troni si sono trasformate tutte le parole,
e si curva, come un serpente, il fuoco.
Frusciate, capelli! Tintinnate, ossa!
Come una scheggia gettatemi nel fuoco di Dio.
Ecco lo specchio - oceano sfaccettato –
occhi vivi e putridi.
Anche se non lì non Ti si vede,
Tu sei in essi sospeso come lacrime.
O Signore, permetti di placare il Tuo dolore.
Noi non proviamo dolore,
non conosciamo la sofferenza.
E la terra, le montagne, le onde
continuiamo a chiamarle: paradiso.
O Signore, permetti
di placare il Tuo dolore.
Sangue pungente, ossa ridanciane,
gettatemi al Trono di Dio.


***


Nel dormiveglia

Sonni leggeri, abbarbicatisi sotto la pelle,
mi hanno avvolto con tenera, tesa e prensile cuscuta.
Mi sveglio, cerco il terzo lato,
strappo una frusta dalla tempia, un fiore bianco.

Nel dormiveglia divento semplice, sferica.
Ora sono su un promontorio, ora studio verbi in latino.
Sul cuore - una croce, sull’addome - la stella di Davide,
e foglie di trifoglio - disegno sullo stomaco.



(Traduzioni di Maria Vignola)



La prima raccolta di poesie di Elena Svarz pubblicata in Russia risale al 1990. Le sue tre precedenti raccolte vennero stampate solo in Occidente. La Svarz si dedica alla poesia da più di venticinque anni; essa può senza dubbio definirsi uno dei “maestri” della poesia russa contemporanea, della quale non sì riuscirebbe ad averne un’idea se non si considerasse la sua opera.

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scritto da anila resuli | Comments (0)


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