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18 apr 2007

Sergej Gandlevskij

1.

Cigola? E tu il brandello di giornale
Ripiega in accurato quadrato
E fai in modo che questa porticina Non si apra inopportunamente.
Gira nel pozzo di pietra
La leggera squallida neve di città -
E’ tutto ma rimane
Un ultimo piccolo debito.

All’uomo rimane ancora da
Ricordare tutto ciò, che egli non,
Sulla via della farmacia, ad esempio,
Nella quiete pulsante.

E, in piedi sotto il cobra mercuriale,
Guardare il giubilo del male
Senza cattiveria, e non perché si è buoni,
Ma perché la vita è passata.


2.

C’è, nella vita vegetativa del poeta,
Un periodo nefasto, quando
Egli fugge la luce celeste
E teme l’umano giudizio
E dal fondo del pozzo, in città,
Spargendo miglio ai piccioni,
Giura un orribile giuramento
Di regolare i conti non appena ve ne sia l’occasione, ma

Grazie a Dio, sulla veranda della dacia,
Dove il gelsomino sfiora le mani,
Con il convulso violino di Vivaldi
Imparavamo a volare - ed ecco
Il vuoto raccoglie l’altezza,
E’ l’anima dall’alto del vuoto
Cade in terra ed agghiaccia,
Ma i fiori toccano il gomito...

Nulla sappiamo davvero.
Abbiamo strizza, beviamo da ubriaconi,
Dall’ansia spezziamo i cerini
E per debolezza rompiamo piatti –
C’impegniamo a dire la verità in faccia
Chiaro e tondo, francamente.
Ma i versi non sono strumento di vendetta,
Bensì una fonte di onestà argentina.

(Traduzioni dal russo da Maria Cicognani Wolkonsky)

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scritto da anila resuli | Comments (0)


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